Il Timoleonte

notiziario adranita, a cura di Carmelo Russo

Ponte Morandi: cinematica di un crollo

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Leggi l’articolo qui! 

Questo studio si propone di ricostruire la cinematica del crollo del ponte sul torrente Polcevera di Genova mediante l’analisi della dislocazione delle macerie nel terreno. L’opera fu progettata e diretta dall’ingegnere Riccardo Morandi, costruttore di ponti in calcestruzzo armato, in Italia e nel mondo,  inventore della prefabbricazione. Costruito negli anni sessanta del secolo scorso, il ponte è crollato il 14 agosto 2018 per cause da accertare. Riccardo Morandi  è  stato guida e orgoglio per tutti gli ingegneri italiani.

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Carmelo Russo è nato a Castiglione di Sicilia nel 1958 ed è residente in Adrano, ha frequentato il liceo classico per poi laurearsi in ingegneria nel 1986 all’Università degli Studi di Catania. Dopo una breve attività nel settore sicurezza e igiene del lavoro per l’impresa Fratelli Costanzo di Catania, si è dedicato all’insegnamento e alla libera professione nel settore dell’edilizia civile, progettando e dirigendo la costruzione e l’installazione di impianti  di edifici pubblici e privati. Nell’attività di ingegnere ha ricoperto numerosi incarichi di consulente del Giudice e si è occupato del progetto strutturale di edifici antisismici.

“… all’interno del fumus che ha subito avvolto la vicenda, mi sembrava che il suo testo cercasse di affrontare i dati in maniera scientifica, … omissis … , il testo mi sembrava comunque serio e aperto alle varie ipotesi, come si addice alla scienza. Complimenti” (prof. Ferruccio Canali).

In copertina.    Disegno dell’autore ispirato alla Composizione VIII di Vasilij Kandinskij, conservato nel Guggenheim Museum di New York.

Pubblicazioni:

  • Pubblicato sulla rivista on line Ingenio, informazione tecnica e progettuale, per segnalazione del prof. Enzo Siviero (link).
  • P. Berardi e altri, Speciale Morandi, Galileo, Padova, 2019 (link).

Citazioni:

STUDIUM. CITTÀ’, MONUMENTI E CULTURA TRA XVI E XXI SECOLO – Miscellanea per vent’anni della “SSF – società di Studi Fiorentini” (1997 – 2017) – progetto e cura scientifica di Ferruccio Canali, pagg. 535, 536 (link).

69 commenti su “Ponte Morandi: cinematica di un crollo

  1. Claudio
    08/10/2018

    Il ponte in fase costruttiva aveva degli stralli provvisori, che se guardi bene si vedono anche nella foto nell’articolo…

  2. Carmelo Russo
    08/10/2018

    Nella foto non sono presenti “stralli provvisori”, inoltre l’antenna è ancora incompleta. Dove sarebbero vincolati questi ipotetici stralli? Gli eventuali stralli o tiranti, per essere efficaci dovrebbero essere tesi come una corda chitarra…. Esiste un’altra foto con l’antenna completa e delle funi in “corda molla” che non possono fungere da tiranti. I tiranti hanno il solo scopo di sorreggere metà peso del solaio Gerber e irrigidire ulteriormente il sistema. La loro rottura potrebbe essere causa del crollo di tutto il ponte? Morandi, Il più grande ingegnere del XX secolo non avrebbe commesso la leggerezza di affidare tutta la stabilità del ponte agli stralli.

    • Alessandro
      16/11/2018


      Togliendo l’audio osceno, questo video è interessante perché evidenzia il distacco e la caduta dei segmenti lato Savona. La fiammata è dei cavi che si tranciano.

      quest’altro corrobora l’ipotesi del cedimento dell’impalcato.

      • Forcieri ing. Maurizio
        16/11/2018

        Alessandro tu dici: “La fiammata è dei cavi che si tranciano.”
        Ma quali cavi, se l’impalcato è, a detta dello stesso Morandi, quasi privo di armatura longitudinale? e comunque. se anche ciascun tratto dell’impalcato fosse armato per proprio conto, i diversi tratti (trave Gerber) si appoggiano poi l’uno sull’altro con una mensola tozza: ci saranno magari degli “spinotti” che si saranno tranciati per il taglio, ma senza accumulare (o dissipare) poi tanta energia da provocare una fiammata; e non mi sembra si possa parlare di “cavi”

      • Alessandro
        16/11/2018

        Per cavi intendevo cavi elettrici che passavano a lato.

      • Alessandro
        16/11/2018

        infatti la fiammata è successiva al distacco

      • Alessandro
        17/11/2018

        Altro elemento da notare nel primo video è la crepa prodotta dall’impatto della porzione visibile dell’impalcato sul pilastro

  3. Arturo
    10/10/2018

    Effettivamente c’è un sistema di cavi provvisionali, poco visibile in quella foto, rimossi al momento di posa degli stralli definitivi. Il sistema passa da doppio cantilever a trave appoggiata a tre luci, vedi articolo scritto da Morandi. Per il resto un bel lavoro, spunti interessanti.

    • Carmelo Russo
      11/10/2018

      Si è vero! Sono tiranti provvisionali, sbagliato chiamarli “stralli provvisori”. La definizione di strallo è di derivazione nautica e indica le corde che sono vincolate all’albero.

  4. Enrico Pietra
    16/10/2018

    Scusate se mi intrometto. Da non tecnico mi sembra abbiate fatto un’analisi cinematica esemplare. Che quel ponte presentasse problemi di incuria direi che è lapalissiano. Che quei problemi di incuria e deterioramento potessero causare il crollo verticale di un pilone alto 90 metri ,sbriciolatosi in dieci secondi, mi sembra un po’ meno lapalissiano. Non voglio tirarvi per la giacca e, preciso, non mi ritengo un complottista. Però mi sembra chiaro che dalla vostra analisi la cinematica del crollo non sembrerebbe spiegare il collasso del pilone in maniera naturale, cioè senza l’intervento di qualcosa di “esterno”. O mi sbaglio?

    • Carmelo Russo
      16/10/2018

      Non ho mai visto crollare una struttura in cemento armato in questo modo, con soli carichi e sovraccarichi. Il cemento armato fa miracoli: si piega ma non si pezza. Crolla dopo una lunga agonia.

      • Arianna Kellermann
        18/11/2018

        Grazie, di cuore.

      • giovanna.delbuono@yahoo.it
        02/12/2018

        Grazie Arianna, eppure i puntoni est si sono spezzati e quelli ad ovest sono stati ridotti in frantumi: erano stati costruiti bene, per lavorare a compressione, tutt’altro che in agonia tanto che per demolire la pila forse ci stanno lavorando ancora. Grazie di nuovo. Giovanna

        Inviato da iPad

        >

      • Forcieri ing. Maurizio
        03/12/2018

        “Il cemento armato fa miracoli: si piega ma non si spezza. Crolla dopo una lunga agonia”
        Sarà così nella stragrande maggioranza delle strutture, che sono (1) anzitutto ben armate, per cui l’acciaio supplisce con la sua duttilità alla fragilità del cls; e inoltre, (2) fortemente iperstatiche, tanto più con un’opportuna “gerarchia delle resistenze” tale per cui ad esempio, in un edificio a “gabbia”, i travi se proprio devono cedere, cedono prima dei pilastri; i tamponamenti fungono da controventi dissipativi, etc.
        Purtroppo il Morandi era (1) poco armato e (2) isostatico. Non lo dico io: lo dice l’ing. Morandi, come una nota distintiva del suo progetto.

      • Pietro Del Toso
        17/06/2019

        Ciao, ho dato, per ora, solo una occhiata al vostro lavoro ed ad intuito mi sembra corretto. Come credo sia altrettanto di aiuto far conoscere la storia precedente il crollo. Poco dopo costruito, infatti e questo lo annotò un giovane ingegnere collaboratore di Riccardo Morandi durante la costruzione, il ponte virava e successivamente presentava delle deformazioni sull’impalcato. Queste con ogni probabilità erano dovute al fatto che Morandi per seguire una coerenza estetica aveva voluto i tiranti “rigidi” che al variare delle temperature hanno provocato forti tensioni (forse ben più forti del peso dovuto al traffico) sull’impalcato.
        Ciò avvalora la sua risposta, prima di spezzarsi di netto il cemento si piega, e questo, caduto l’impalcato, poteva e doveva avvenire per i grossi steli del pilone in molti anni non in pochi secondi.
        Ciao
        Pietro

  5. Enrico Pietra
    17/10/2018

    Come avevo intuito. Grazie della risposta

  6. Enrico Pietra
    22/10/2018

    Scusate se intervengo ancora. E’ di sabato la notizia del ritrovamento di parte di uno strallo (quale non si sa) che mostrerebbe avanzati segni di corrosione. Secondo i media, in coro, quello sarebbe lo strallo che innescò il collasso di Ponte Morandi. Ora, personalmente di questo pressapochismo dei mezzi di comunicazione di massa da privato cittadino non ne posso più. Invocherei che chi ha le competenze, come lei, si esponesse pubblicamente in modo chiaro e forte. Perché qui delle due l’una: o l’hanno davvero abbattuto e allora c’è dietro un grande disegno che vede il concorso dei media nel far passare tutt’altro messaggio, oppure, più semplicemente, siamo improvvisamente diventati tutti (giornalisti compresi) un popolo di architetti ed esperti di cinematica che non perde occasione di sparare cazzate. Chi ha le competenze auspico non si rintani in convegni settoriali per specialisti ma controbatta in maniera chiara e divulgativa questa terrificante sciatteria

    • Carmelo Russo
      22/10/2018

      Lo scopo del mio articolo è quello di cercare di spiegare a me stesso e ai lettori il movimento del ponte durante il crollo (cinematica). Ci sono ingegneri dello spessore del prof. Enzo Siviero (https://www.youtube.com/watch?v=9HIsVLd9-dM) e dell’ing.Vito Segantini (https://www.youtube.com/watch?v=zPMJXqrEJtc ) che sospettano una demolizione controllata.

      • Enrico Pietra
        23/10/2018

        Sì conosco le loro ipotesi ma non entro nel merito perché non è il mio ambito. Tutta la vicenda del Ponte Morandi è inquinata da una serie di manipolazioni e divulgazione approssimativa. Auspico che chi ha competenze e testa si faccia sentire. Io sono un privato cittadino e ho provato a far emergere le opacità raccogliendole tutte insieme in un articolo (http://inesergo.it/reportage_morandi.html) ma da solo o in pochi è un rimbalzare contro un muro di gomma. Voglio “solo” la verità e vorrei vivere in un paese dove i giornali facciano notizia e non opinione. La saluto e ancora la ringrazio

      • Carmelo Russo
        03/11/2018

        Complimenti per l’articolo

  7. Hans
    26/10/2018

    Ecco gli stralli provvisori per la produzione della traversa da 500 ton:
    https://goo.gl/BJ8P26

    • Carmelo Russo
      27/10/2018

      Quelle sembrano corde più che stralli. Lo strallo per funzionare deve essere teso come una corda di chitarra. I tiranti provvisionali (temporanei) sono stati messi in parallelo all’impalcato per sopperire alla mancanza degli stralli durante l’esecuzione dei lavori. Dopo la realizzazione degli stralli, i tiranti (orizzontali) provvisionale sono stati rimossi.

  8. Maurizio Forcieri
    03/11/2018

    premetto che sono nato e laureato in ingegneria a Genova
    ottimo lavoro, meriterebbe maggiore attenzione (da parte mia); ma di primo acchito non mi convincono due punti:

    1. l’ipotesi di cedimento iniziale nel tratto centrale di impalcato E’E”: a causa di quale sollecitazione? e anche ammettendo un’esplosione che l’avesse polverizzato lì per lì: siccome l’impalcato (lo dice Morandi!) è fortemente compresso dalla componente orizzontale della trazione degli stralli (nell’ipotesi, ancora integri) al punto (ibidem) da non aver quasi bisogno di armatura longitudinale (!?!?!) mancando la reazione del tratto distrutto, i tratti restanti dell’impalcato, a est e a ovest di E’E”, avrebbero dovuto semmai, anziché allontanarsi, convergere verso la mezzeria e lì “implodere”!

    … e a prescindere dal punto 1. quindi ammettendo che invece si allontani:

    2. la cinematica per cui il tratto di impalcato BE ruotando attorno al punto O base del puntone spezzato avrebbe sospinto la trave Gerber verso il sedime ferroviario: ma anche la trave Gerber non è certo immune dalla forza di gravità, quindi a sua volta avrebbe dovuto cadere, all’inizio magari ruotando sulla sua mensola, anche più velocemente dell’impalcato che sia pure per un attimo sarà stato trattenuto nel vincolo O, e così avrebbe dovuto almeno in parte sottrarsi a tale spinta orizzontale

    Maurizio Forcieri

    • Carmelo Russo
      03/11/2018

      Mi fa piacere che un ingegnere di Genova si occupi di questo argomento. In quei giorni avrei dovuto essere a Genova e magari passare per il ponte. Mi sono occupato di questo argomento quasi subito perché mi è sembrato quasi subito un evento troppo singolare.
      Punto 1
      La trattazione fa l’ipotesi di rottura contemporanea degli stralli (ipotesi diffusa ma incredibile). Nel frattempo ho cominciato ad abbracciare l’idea che la rottura sia partita (quasi contemporaneamente) da punti ubicati nell’impalcato molto vicini agli stralli (B’ e E”G’). Infatti questa ipotesi mi serve per spiegare lo strano movimento del tratto G’C’, che sembra ruotare attorno a due assi prima di conficcarsi nel greto del torrente. Tale tratto può compiere questo movimento solo se ancora il tratto E”G’ resti al suo posto. In questo modo la prima coppia è prodotta da E”G’ (reazione vincolare), mentre l’altra dalla presenza dalla reazioni vincolari degli stralli che non cedono contemporaneamente.
      Punto 2
      Per quanto riguarda il solaio Gerber, non si potrebbe giustificare la sua cinematica senza l’ipotesi (che non vorrei fare) delle microcariche. Con tali microcariche il tratto BE’ avrebbe subito una forza orizzontale che lo avrebbe “sparato” verso il resto del ponte, infinitamente più rigido. Dopo un primo rimbalzo (come una biglia sul pavimento) con trasformazione di energia cinetica in potenziale, sarebbe ritornato indietro e successivamente (come un sistema massa-molla) avrebbe proiettato il tratto AB verso i binari. Poi continua la mia narrazione nell’articolo … Ovviamente sono ipotesi!

  9. Maurizio Forcieri
    03/11/2018

    aggiungo a favore della tesi di cedimento di uno strallo in sommità: le forze di coazione (tensione nei cavi in acciaio, rispettivamente compressione nel cls) si equilibrano sì nel tratto più o meno rettilineo degli stralli, assimilabile a un cilindro o prisma di De Saint Venant; ma non nel gomito a circa 100° in sommità!!! lì per tenere al suo posto la cuspide di cls in presenza di un complesso stato di sforzo triassiale (dove la compressione diventa taglio) ci vorrebbe una fitta gabbia di confinamento o uno scudo di acciaio sulla parte convessa: nei disegni della monografia citata invece appaiono solo 2 o 3 ferri a distanza di mezzo metro, del tutto insufficienti! quindi, prima ancora delle ingiurie del tempo (corrosione, aumento dei carichi variabili,…) quella cuspide era suscettibile di saltare via in qualsiasi momento, come il tappo di una bottiglia di spumante non appena tolta, per l’appunto, la gabbia! inoltre i cavi, in assenza di un dispositivo distanziatore, a causa della tensione si saranno tutti schiacciati l’uno sull’altro contro la “sella” impedendo al c.s di penetrare e quindi svolgere la sua azione protettiva: men che meno ci sarà stato il necessario strato di copriferro sul lato inferiore…

  10. Enrico Pietra
    06/11/2018

    Buongiorno e grazie per i complimenti sul mio articolo. Sul gruppo “Salviamo il Ponte Morandi” (a cui, se ha facebook, la invito a iscriversi) ho letto questa ricostruzione del dott. Alessandro Pignagnoli. Gliela ripropongo qui. Che ne pensa?

    “Dai documenti pubblicati dalla commissione del MIT, e dalle altre informazioni recenti di varie fonti, si evince in modo inequivocabile quanto segue:
    1) lo stato di degrado delle strutture era avanzatissimo. In particolare risulta che l’impalcato tampone avesse gli appoggi fortemente compromessi.
    2) Gli stralli erano, almeno in parte, ridotti di sezione resistente (intendo i trefoli).
    3) Il traffico, al momento del crollo, era scarso. Non ci sono stati urti eccezionali.

    Ho seguito le varie ipotesi avanzate da colleghi ed esperti sulla dinamica del crollo. A questo punto, a mio giudizio, la più probabile è che sia crollato l’impalcato tampone, per un “banale” cedimento di una sella di appoggio.

    Questo potrebbe spiegare molte cose, perchè l’improvviso e istantaneo azzeramento del carico permanente all’estremità del cavalletto deve avere provocato un effetto dinamico verticale su tutto l’impalcato, ma soprattutto sugli stralli posti su quel lato, con grandi incrementi di sforzi. Questo incremento dinamico delle azioni probabilmente ha portato a collasso lo strallo più debole, con torsione dell’impalcato e aumento di sforzo nello strallo rimanente da quel lato, fino al cedimento anche di questo.

    La riduzione del carico verticale, oltre a sollecitare dinamicamente gli stralli, e romperli, ha anche ridotto fortemente la compressione assiale generata dagli stralli stessi sull’impalcato, che Morandi aveva utilizzata a mo’ di precompressione dell’impalcato. Potrebbe quindi esserci stato anche un cedimento in campata.

    Ceduti comunque i due stralli, l’impalcato non poteva che collassare tutto su quel lato e, a causa dello sbilanciamento enorme dei pesi, sicuramente ciò ha fatto collassare l’antenna. Il resto è ovvio.

    Resta quella velocità orizzontale impressa durante il crollo, evidenziata dal collega, che comunque dev’essere legata in qualche modo ai meccanismi suddetti.

    Morale: E’ inutile prendersela con l’ing. Morandi. Il progetto (ovviamente) era a posto. Tutto il resto un po’ meno. Il problema è convincere i cittadini di Genova, e con loro il Commissario”

    Grazie

    • Maurizio Forcieri
      06/11/2018

      mah, per me la relazione della commissione MIT lascia molti dubbi, a cominciare dalla considerazione (sia pure aprioristica) che non è propriamente “super partes” in quanto il MIT stesso è sul banco degli imputati: converrà attendere l’esito delle indagini della Magistratura (corroborate da ben più approfondite perizie tecniche, “ovviamente” in contraddittorio tra i periti e consulenti delle parti, e non unilaterali)
      che il progetto dell’ing. Morandi sia a posto, come tutto a questo mondo, non può essere dato per ovvio: se lui stesso dopo pochi anni dalla erezione del ponte, cioè ben prima dei 50 o più anni di “normale” vita utile di un’opera civile in cls armato, raccomandava accoratamente di curarne la manutenzione, qualcosa vorrà dire, no? (ué, sempre meglio dell’esagerazione opposta, del ponte che durerà 1000 anni……..)
      qualcuno vuole commentare le mie temerarie asserzioni sulla tenuta della “cuspide” in cls alla sommità del gomito a circa 100°, in presenza di uno stato di sforzo triassiale (compressione che si trasforma in taglio) senza adeguato confinamento? per me, tutto è partito di lì! non chiedo di meglio che essere contraddetto
      MF

    • Giuliano Canevazzi
      03/01/2019

      quell’ipotesi cozza prima di tutto con il fatto che la pila 10 è ancora in piedi, poi trascura il fatto che i tanto criticati puntoni (questo sono) di calcestruzzo precompresso che rivestono gli stralli servono proprio a limitare le oscillazioni dinamiche della tensione degli stralli, indipendentemente dal fatto che siano dovute al traffico o al crollo della travata a sbalzo, e poi ignora il sovradimensionamento dell’impalcato e dei tiranti, nel caso di questi ultimi valutabile intorno al 230 %, E COMUNQUE ANCORA MISURABILE SULLE PILE 10 e 11, che sono (la 10 in particolare) un MODELLO IN SCALA 1:1 DELLA PILA CROLLATA: un vero e proprio laboratorio per per condurre sul MODELLO REALE tutti i test che servono a spiegare la CAUSA DEL CROLLO, e un motivo in più per NON abbatterle

      • Forcieri ing. Maurizio
        03/01/2019

        oddìo … puntoni, non direi proprio! tiranti sono nelle intenzioni, e tiranti restano! quella che il collega Morandi chiama “omogeneizzazione” di acciaio e cls, con la pre-tensione/compressione, comporta anzitutto un aumento di rigidezza della “trave” (secondo miei calcoli, di circa 3 volte) rispetto alla ipotetica estensione longitudinale (allungamento elastico + variazione del profilo della “catenaria”): cioè, il solo l’acciaio (foss’anche rivestito di cls, ma senza precarico) sotto il carico accidentale variabile si allungherebbe dell’ordine di 1m (ipse dixit) invece essendo precompresso dal cls si allunga “solo” di 30cm (1m/3 secondo i miei calcoli)

        che poi il cls in quanto anche “copriferro” protegga l’acciaio dalla corrosione, vabbè: ma fosse solo per quello, ne sarebbe bastato mooooolto meno di quel 1,1mq; o meglio ancora si sarebbe potuto foderare con una guaina bituminosa o elastomerica

    • Giuliano Canevazzi
      03/01/2019

      risposta a Maurizio Forcieri.
      Mai visto un tirante che lavora a compressione e che se lo tiri, anche di poco, si disintegra

      • Forcieri ing. Maurizio
        03/01/2019

        giusto: infatti, il tirante è tirato, perché tiene su circa metà del peso dell’impalcato, anzi: circa una volta e mezza metà del peso dell’impalcato, poiché non è verticale, ma inclinato sui 45°, tant’è che fornisce all’impalcato anche la prevista compressione

        perché poi si sarà disintegrato … si vede che, rispetto alle sue pessime condizioni, era tirato fin troppo (pre-tensione propria nell’acciaio + carichi applicati)

        (NB: “tirante” = “strallo”)

    • Giuliano Canevazzi
      12/01/2019

      Tralasciando i principi di fisica riscritti da Maurizio Forcieri, e tornando alla fisica classica, il “collega Morandi” – come lo chiama lui – scriveva:
      “I due appoggi più esterni dei quattro vincoli della travata sono costituiti dai terminali di due tiranti in acciaio PRETESI che passano al di sopra di un’antenna”.. tra i benefici cita quindi : “riduzione dell’ampiezza del campo di variazione delle sollecitazioni nell’acciaio con conseguente aumento della sicurezza per fatica dovuta a tensione ondulante”.
      Questo significa che le guaine di calcestruzzo sono a tutti gli effetti dei puntoni di contrasto – anche “nelle intenzioni” dell’ing. Morandi – che servono ad irrigidire (non di molto) tutta la pila, e a PRE-TENDERE i tiranti (stralli) per evitare che la tensione scenda al di sotto di una soglia prefissata (a meno che, come sostiene Maurizio Forcieri, ad ogni azione non corrisponda una reazione uguale IDENTICA anche nel verso, anziché CONTRARIA). Non solo. Tenuto conto del sovradimensionamento dei tiranti (stralli), una riduzione sensibile della loro sezione ne avrebbe comportato un allungamento tale da sollecitare il calcestruzzo a trazione, causandone la frattura molto prima di arrivare al collasso. In altre parole, i puntoni di calcestruzzo sono un sensore per preavvertire con largo anticipo del deterioramento dei tiranti. Viceversa, quando anche i cavi di precompressione arrivassero a polverizzarsi completamente, non succederebbe niente, essendo la precompressione del calcestruzzo comunque assicurata dagli stralli. Sono 4 mesi che si fa confusione tra i tiranti finalizzati alla sola precompressione dei puntoni di calcestruzzo – che NON sono stralli – e gli stralli (tiranti) che hanno funzione portante, e a quanto pare, anche alcuni colleghi hanno le idee confuse

      • Forcieri ing. Maurizio
        12/01/2019

        Anzitutto ringrazio per l’attenzione; ma detto ciò, devo precisare alcune cose.

        Non intendo certo sovvertire la fisica classica (anche perché prima della laurea in Ingegneria ho il diploma in Maturità classica…) né voglio entrare in questioni di nomi, analoghe a quelle del don Ferrante manzoniano, o della “corda” a bordo delle navi.

        Concordo nella sostanza: l’acciaio è teso e, sia pure in fasci (posso dirlo?) distinti, la sua tensione da un lato precomprime il cls, dall’altro regge il peso dell’impalcato. Il cls è compresso: e proprio la “omogeneizzazione” ossia coazione (azione-reazione) tra acciaio e cls irrigidisce di molto i “puntoni” contenendo le oscillazioni a livelli compatibili sia con il limite a fatica dell’acciaio stesso (che emergerebbe solo dopo decenni) sia e anzitutto con la resistenza dell’impalcato (che a differenza di altri ponti sospesi, non è un nastro continuo flessibile) e delle altre membrature rigide, e con il flusso dei veicoli.

        Però nessuno mi ha risposto sul punto dirimente del meccanismo di cedimento.

        Sgombriamo il terreno da carichi variabili, fatica, carbonatazione, corrosione etc. e consideriamo il manufatto ancora nell’utero materno.

        Immaginiamo che, anziché gettati in opera, i “puntoni” siano stati prefabbricati in officina, in una cassaforma orizzontale, senza alcuno sforzo dovuto a peso proprio e meno che meno a carichi applicati. Cassaforma che ovviamente includa ambo i rami di una sorta di enorme L, con l’angolo a circa 90°. Una volta messi in tensione i cavi, e attestati con opportune chiavi coniche alle estremità, la compressione si propaga pressoché uguale a sé stessa lungo luno e l’altro braccio pressoché rettilineo della L (assimilabili a un cilindro di De St.-Venant) appunto, finché è rettilineo; ma senza una fittissima gabbia di confinamento e armatura diagonale, come fa il “concio” cioè cuspide di cls posto a 90° (è proprio il caso di dirlo!) a reggere lo stato di sforzo che gli scaricano addosso ambo i lati, che da compressione uniassiale diventa taglio? si sbriciola!

        Immagino che il collega Morandi abbia pur previsto tale gabbia: però, nei disegni (ahimé molto approssimativi, e ulteriormente sgranati dalla scansione) non appare; né appare nelle foto delle varie ispezioni manutentive (ahimé poche alla sommità) né in quelle delle macerie.

        Qualcuno l’ha vista?

    • Giuliano Canevazzi
      12/01/2019

      nota per Enrico Pietra (come pure le altre).
      Le simulazioni al computer lasciano il tempo che trovano (compresa quella del prof. Calvi, come ha dimostrato Carmelo Russo), perché possono essere forzate a mostrare qualsiasi cosa, a seconda dei dati che inseriamo, e nelle mani della magistratura sono una mina vagante. Il risultato più paradossale (e demenziale, per non dire di peggio) è quello mostrato nella seconda ipotesi considerata dallo studio Kostack, in cui rimane in piedi metà impalcato (un tavolino con 2 gambe), dopo che l’altra metà è crollata: una bestialità che offende anche l’intelligenza di un bambino di 5 anni, e che però TUTTI i media hanno fatto finta di credere possibile (quasi tutti hanno scelto proprio quell’immagine altamente “suggestiva” per la presentazione del video, e questo fa pensare, come fa pensare l’iniziativa del New York Times, che presume degli agganci al di sopra della magistratura, e la precisa volontà di fuorviare l’opinione pubblica..).
      Ma se si analizzassero le pile 10 e 11, le simulazioni potrebbero essere tarate sul modello REALE, tenendo conto anche del deterioramento, e fornire riscontri attendibili.. che è quello che i magistrati coadiuvati da consulenti e periti ammaestrati vogliono evitare.
      Riassumendo, considerato il sovradimensionamento, sia dei tiranti che dell’impalcato, i tiranti non si possono rompere se prima non si frattura l’impalcato, e l’impalcato non si può fratturare se prima non si rompono i tiranti..
      Solo l’analisi delle pile rimaste in piedi può spiegare la causa del crollo

      • Carmelo Russo
        19/04/2019

        Visto che devono essere demoliti gli altri ponti, si potrebbe togliere uno strallo e vedere che effetto faccia

  11. Angela Di Salvo
    07/11/2018

    grazie per l’approfondito esame, non sono in grado di valutarne fino in fondo alcuni aspetti per incompetenza tecnica.
    Mi chiedo da osservatore, se l’azione che possa aver portato al cedimento dell’impalcato centrale come lei suggerisce, e alla successione del crollo, non sia determinata dalla presenza di cavi di acciaio che erano stati posizionati lungo tutto il tratto del ponte fissati sui laterali dei cordoli e che in corrispondenza degli attacchi degli stralli, per non interferire erano collocati in cima agli elementi di jersey. Possono aver ritardato il distacco delle due solette tampone (TGerber) mandando alle estremità dell’impalcato pila 9 l’intero carico? E se per quello che riguarda il cavo della zona (lato Genova) la TGerber fosse stata rallentata nella caduta solo in un angolo da una particolare condizione di incastro che si è venuta a creare tra il tir che trasportava acciaio (l’autista infatti si salva) e i cavi che sono rimasti sotto l’impalcato, mentre sull’altro lato si sono distaccati per l’intera porzione dell’impalcato della pila 10 fino al tratto con ancora le impalcature?
    Si potrebbe spiegare anche una sollecitazione rotatoria dell’intero impalcato che ha poi mandato in crisi anche il sistema antenna?
    Se per i cavi non erano stati predisposti punti di distacco opportuni il cedimento di un elemento avrebbe potuto contribuire alla messa in crisi del sistema entrando in tensione anche vicino gli stralli?
    Di cavo in acciaio di rinforzo si parla anche nella relazione del Mit e per un tratto di impalcato mi sembra che se ne trovino tracce nelle foto del ponte del 2015. Nelle foto 2017 dopo i lavori di manutenzione tutto il prospetto laterale del ponte cambia, e i cavi come fruste impazzite sono presenti in diverse testimonianze, oltre che nelle foto dove si vedono penzolare da viadotto e impalcato pila 10. Aggiungo un link di un filmato in cui se ne intuisce la rottura di uno a crollo avvenuto.
    https://video.repubblica.it/dossier/genova-crollo-ponte-morandi/genova-la-lunga-notte-dei-vigili-del-fuoco-lavoreremo-per-giorni-24-ore-su-24/312462?video
    a 0:02 lampo e rumore di frusta e poi inquadrati i monconi di cemento appesi al viadotto che si muovono, stanno movimentando camion su via fillak

  12. Hans
    08/11/2018

    La foto “Tratto CD” mostra la stessa parte della foto “Tratto AB”.
    “Tratto CD” si trova sul lato ovest tra due hangar.

    • Carmelo Russo
      08/11/2018

      Corretto, grazie!

      • Hans
        12/11/2018

        >> Il tratto BE’ sbatte nel muro della ferrovia e si rompe nel punto B‘ nei due tratti BB’ e B’E’. <<

        La sezione del BB' 'è quasi la metà sui binari del treno.

  13. Hans
    09/11/2018

    >>Il tratto BB’ si ferma, dopo un’ulteriore rotazione di 90°, sotto il muro della ferrovia.<<

    La sezione BB' (con quasi 1000 tonnellate) è in parte sui binari della ferrovia.
    https://tinyurl.com/yda4n6kf

  14. giovanna
    01/12/2018

    Complimenti ingegnere Russo. Le sottopongo un quesito: ho osservato dalle foto il diverso stato in cui si trovano i puntoni est ed ovest. I primi tranciati di netto ( con l’impalcato volato e ribaltato);i secondi sbriciolati sotto all’impalcato caduto in verticale, sebbene costruiti per lavorare a compressione. Poteva l’impalcato ridurli in quello stato per semplice caduta dato che erano poggiati sopra? La cosa mi ha sempre molto impressionata. Perciò mi sono sempre posta il problema della dinamica partendo dal ” cedimento” dei puntoni, di quei puntoni. La pila era poderosa, la parte portante della struttura che mi pareva proprio distinta in due parti: pila che portava la maggior luce dell’impalcato e cavalletto-porta tiranti ( passanti).
    Da architetto, certo non adusa ai calcoli che ha sviluppato lei, ho fatto un ragionamento forse semplicistico: tolgo due gambe al tavolo e il tavolo cade da una parte, con quel che segue. Sono passata su quel ponte, dal 1967 in poi, un milione di volte, e dal 14 agosto mi arrovello, e mi rodo per tutte le stupidaggini che scrivono e dicono. Il Prof. Siviero non ha parlato esattamente di “demolizione controllata”, e ho raccolto una testimonianza di una persona che abita nella zona, persona sana di mente. Ma questo viene dopo, prima va accertata la dinamica, cosa che ufficialmente non è stata fatta né resa pubblica. Ringrazio per l’attenzione.
    Giovanna

    • Carmelo Russo
      02/12/2018

      In condizioni normali, la resistenza al carico di punta sarebbe altissima. L’impalcato cedendo potrebbe aver sollecitato in modo anomalo i puntoni. Il cedimento di un ponte può venire solo per l’impalcato o causato dai sostegni che cedono per difetto di fondazione. In questo caso il cavalletto n° 9 non cede per difetto di fondazione, la fondazione è “pulita”. Il cedimento è molto simile a una delle tante demolizioni controllate che si trovano sul web. Questo è quanto sostiene l’ing. Prof. Siviero. Il P.M. ha verificato la presenza o meno di esplosivi nelle macerie? Esiste una perizia a riguardo? Nella prima fase l’area è stata modificata dai vigili del fuoco per il salvataggio (giusto) di vite umane, poi sono arrivate ruspe che hanno cominciato a smantellare tutto, perché?

      • Hans
        05/12/2018

        >>Nella prima fase l’area è stata modificata dai vigili del fuoco per il salvataggio (giusto) di vite umane, poi sono arrivate ruspe che hanno cominciato a smantellare tutto, perché?<<

        Durante la salvezza sacrificale, molti ingegneri hanno fotografato ogni pietra e raccolto molti campioni. Questi saranno usati come prova nelle udienze del tribunale.

    • Enrico Pietra
      06/12/2018

      Cara Giovanna, secondo l’ing. Siviero (come dichiarato nell’ultima intervista pubblica http://tg.la7.it/cronaca/salviamo-il-ponte-morandi-parola-di-ingegnere-30-11-2018-133724 ) il crollo è partito proprio dalle saette, cioè esattamente da quei 4 puntoni (in realtà sono 8, ma basta che ne cedano 4) che sostengono l’impalcato. C’è una foto tra l’altro dove si vede chiaramente come siano tagliati di netto, e tutti nello stesso punto. Forse è quella che ha visto anche lei. Pure io, che però non sono del settore come voi, ho raccolto molte testimonianze e indicazioni (anche perché sono di Genova e mi viene piuttosto semplice). Possiamo anche eventualmente sentirci e scambiare informazioni se avesse piacere.
      Cordiali saluti
      Enrico Pietra

      • giovanna.delbuono@yahoo.it
        09/12/2018

        In realtà inizialmente avevo notato il diverso stato dei puntoni, o saette, come hanno ceduto diversamente. Non sapevo che l’attenzione del Prof. Siviero si fosse incentrata su quelli troncati di netto, ad est. Mentre la rottura di quei sostegni era giustificata chiaramente dal ” volo” dell’impalcato e dal suo capovolgimento, una forza spaventosa, le prime foto delle macerie ovest mi avevano colpita per via dello sgretolamento dei puntoni e per il collasso in verticale dell’impalcato, come se qualcuno avesse rotto due gambe di un tavolo. Diciamo che da quel momento le ipotesi fatalistiche o di mancata manutenzione imprecisate per me hanno contato meno di zero. L’Ing. Russo però ha fatto una dimostrazione che difficilmente può essere confutata e finora nessuno lo ha fatto, perché si dovrà chiarire da cosa è stata generata tutta quell’energia applicata in un preciso punto, nella mezzeria. Poi ci può essere stato altro, per non sbagliare.

        Inviato da iPad

        >

  15. noris alessandro
    06/12/2018

    non si è tenuto conto dell’energia elastica accumulata dagli stralli che alla rottura viene resa come energia cinetica che equivale a una cannonata con forte rinculo …..

    • giovanna.delbuono@yahoo.it
      09/12/2018

      Sarebbe stata la mia prima ipotesi, ma non come causa primaria, bensì secondaria. Per spiegarmi meglio : prima vengono meno i puntoni ovest, l’impalcato collassa verticalmente, i tiranti si liberano e liberano energia cinetica verso est, alle spalle. Ma non sono un ingegnere e lascio il campo a chi ne sa più di me. Inviato da iPad

      >

      • noris alessandro
        10/12/2018

        Io all’energia elastica accumulata negli stralli, che al loro cedimento liberano come energia cinetica, avevo pensato non come causa primaria del crollo, ma solo per cercar di rendermi conto del perché il ponte non solo è crollato ma si è addirittura “sbriciolato ” in mille pezzi , in particolare per capire come è caduta, in un tempo un poco successivo, l’antenna,. proprio come se fosse stata colpita da una cannonata…….. Centinaia di trefoli di sezione di 1 cm lunghi 170 metri pesano decine di ton. e tesi con carichi di trazione di migliaia di ton. costituiscono un “elastico ” che se si rompe agisce proprio come una ” bomba” ,

      • Forcieri ing. Maurizio
        16/12/2018

        se si fossero rotti alla base, allora avrebbero scagliato la loro energia elastica contro l’antenna; io sostengo però che il punto debole era la cuspide alla sommità, quindi il cedimento sarà avvenuto lassù, ma forse non simmetricamente e simultaneamente da ambo i lati: pertanto la “bomba” si sarà scagliata contro l’impalcato, e l’antenna avrà ceduto per la enorme asimmetria del carico statico creatasi in quell’istante

      • giovanna.delbuono@yahoo.it
        17/12/2018

        In risposta all’Ing. Forcieri. Le prime immagini del filmato lasciavano stupefatti e addolorati. Superato lo shock e riguardando più e più volte, mi sono resa conto che davanti alla pila e ai tiranti penzolanti c’era già il vuoto, l’impalcato, per quello che se ne vedeva, era già scomparso. Da quella evidenza si è formato il mio ragionamento; può essere sbagliato, il “film” non lo abbiamo mai visto per intero, può darsi che il “primo tempo” sia stato diverso, e che noi abbiamo visto solo solo uno spezzone fuorviante. Ma finché non ce lo faranno vedere, tutto è lecito. Intanto prosegue la farsa. Prima di costruire un ponte alternativo vogliono demolire l’esistente: ma perché?? Qual’è la priorità? Avere un ponte alternativo e velocemente. Nossignore: prima si demolisce e poi si ricostruisce. Se la scelta fosse stata quella del ponte alternativo, non precario, solo alternativo, si sarebbe anche avuto il tempo per valutare le effettive condizioni del Morandi e magari deciderne il retrofitting. Avremmo avuto due ponti anziché uno. Alla stupidità umana non c’è limite, e agli stupidi diamo sempre il mandato di reggere e governare.

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      • Giuliano Canevazzi
        02/01/2019

        il tuo ragionamento è sostanzialmente corretto, salvo il fatto che il primo a cedere è stato il lato Est. Mettendo insieme le informazioni reperibili in rete, tacitamente confermate dai periti, si deduce che la rottura del tirante sud (reperto 132) è stata causata da un carico pari a 2,5 VOLTE quello di esercizio, possibile soltanto se prima hanno ceduto i puntoni del pilastro dallo stesso lato, scaricando il peso dell’impalcato sul tirante. Allo stesso modo, considerato il sovradimensionamento, l’impalcato può essersi fratturato solo dopo che ha ceduto qualcos’altro

      • Forcieri ing. Maurizio
        02/01/2019

        ma codesto calcolo, cioè che “che la rottura del tirante sud (reperto 132) è stata causata da un carico pari a 2,5 VOLTE quello di esercizio”, considera la resistenza nominale del tirante? e allora perché non estendere tale ipotesi agli altri membri del cavalletto (puntoni, antenna, impalcato etc.) cioè considerare la resistenza nominale di tutto quanto? ma in tal caso, il ponte sarebbe ancora al suo posto! secondo me la resistenza dei tiranti (= stralli) si era ridotta enormemente (non solo per corrosione) al punto che il cedimento sarebbe originato proprio da quelli

        comunque anche così non capisco … a quanto ammonta il coefficiente di sicurezza (o ammontava con le regole degli anni ’60)? 2,5 mi sembra un po’ poco

      • Giuliano Canevazzi
        03/01/2019

        risposta a Maurizio Forcieri.
        No, 2,5 tenuto conto della corrosione (ad oggi non smentita) che ha ridotto del 20 % la sezione degli stralli (da non confondere con il tiranti di precompressione che non hanno funzione portante)

  16. Alessandro Noris
    18/12/2018

    risposta a Giovanna Delbuono

    La seconda parte del suo ultimo intervento è veramente chiarificatrice e mi trova del tutto d’accordo……..

    Buttar giù tutto senza aver capito bene cosa sia veramente successo non è rispettoso per le povere vittime e non sarà semplice render loro giustizia…..

    Sono state dette mille cose in questi 4 mesi ma Lei ora “ha messo il dito nella piaga”….. tante cose dette erano giuste e forse meritavano maggior onsiderazione.

  17. Alessandro
    29/12/2018

    Buongiorno. Molto interessante il lavoro fatto. Certe parti mi convincono, altre meno. Occorrerebbe approfondire alcuni aspetti.
    Quello che secondo me dobbiamo aggiungere, come ingrediente delle nostre analisi, è il seguente:
    1) la struttura progettata da morandi aveva il ferro minimo indispensabile (non vi erano i minimi di armatura che usiamo oggi);
    2) la struttura presentava riprese di getto e, nell’impalcato, era gettata a conci.

    Ho visto solo oggi quello del prof Calvi, che invito tutti a guardare su youtube: c’era una volta il ponte Morandi. Anche questo è un lavoro utilissimo ma non esaustivo.

    La cinematica descritta nel presente articolo è forse la più attendibile per spiegare il moto di una parte di impalcato + trave tampone, che si sono ritrovate traslate orizzontalmente rispetto alla verticale. Condivido che ciò sia dovuto ad una rotazione rigida alla base degli appoggi inclinati.

    Per l’innesco del collasso, invece, a questo punto mi pare che il cedimento di uno strallo lato Savona sia rimasta l’unica possibilità. Solo questo infatti può spiegare la torsione dell’impalcato, il suo spostamento nel piano e il cedimento in mezzeria come suppone questo articolo.

    Sul lato opposto, invece, è probabile che l’impalcato , essendo già collassata la parte centrale, sia collassato sempre a partire dalla base dei pilastri inclinati ma restando appeso per gli stralli, così da ruotare su se stesso di 180 gradi, provocando poi il cedimento di tutta l’antenna.

    Un saluto e grazie a tutti per gli sforzi fatti.

    Alessandro Pignagnoli

    • Carmelo Russo
      31/12/2018

      NOTE SULLA RELAZIONE DEL PROF. CALVI
      Non solo la storia… leggendo tra le righe sostiene che gli stralli non potevano cedere istantaneamente. Il loro crollo sarebbe stato preannunciato da deformazioni dell”ordine di 15cm (ha usato il SAP2000). Inoltre ha verificato al terremoto il ponte (tutto ok). La notevole massa dei piloni faceva vedere i carichi accidentali come polvere. L”armatura era minima ma sufficiente a lavorare principalmente a comoressione, come previsto da progetto. Infine verifica con un software che è usato da chi demolisce con le bombe in due casi 1) Carico verricale di un coil di acciaio che cade da un autocarro 2) rottura di uno strallo. Nel primo caso si ha solo un cedimento locale. Nel secondo caso di ha un cedimento compatibile con il crollo reale. Quindi prima dice che è impossibile un cedimento che provenga da uno strallo senza segni premonitori e poi suppone che si rompe uno strallo. Come si risolve questo enigma?

      • noris alessandro
        13/03/2019

        La caduta del coil sul bordo esterno al contatto con l’impalcato secondo il Prof: Calvi avrebbe causato il crollo della trave Gerber…….. i segni premonitori si sarebbero evidenziati solo nel caso di una rottura progressiva dei trefoli ……. quindi il Prof: Calvi ipotizza una “rottura fragile” del tirante ( che secondo me ha però la stessa origine ) e valuta il crollo con il suo programma di calcolo costosissimo……

    • Carmelo Russo
      03/01/2019

      Ho inserito una nuova parte relativa ai momenti del crollo. Sono arrivato alla conclusione che in base alla cinematica del crollo porti all’unica ipotesi della rottura dell’impalcato nella parte centrale. Difficile capire perché ma di fatto è così. Dia uno sguardo al disegno.

      • Forcieri ing. Maurizio
        03/01/2019

        “difficile capire”… non direi: l’impalcato, pressoché privo di armatura longitudinale (per esplicita affermazione del collega Morandi!) stava insieme perché fortemente compresso dalla componente orizzontale della trazione esercitata dagli stralli; venendo meno questa (per cedimento di uno strallo) l’impalcato si lascia andare! come se tu, per spolverare, sposti un’intera sfilza di libri da uno scaffale a un altro, tenendoli stretti insieme tra le mani: ma se ti suona il telefono e allenti la pressione (o come si dice a Milano ti viene la “ridareoula” e perdi le forze) nulla più li trattiene

      • Alessandro Pignagnoli
        25/01/2019

        Salve collega. Il lavoro da te fatto (se non ti disturba diamoci del tu), che stasera ho riletto, è notevole. Mi convince di sicuro da un certo punto in poi. Ti chiedo però questo: se l’inizio, come dici, è stato il cedimento della campata centrale (probabilmente in mezzeria) e quindi con gli stralli ancora funzionanti, la campata risultava tutta compressa. Come può essere avvenuto ? Inoltre in questo caso, come dice un altro collega, le campate esterne avrebbo fatto chiudere su se stessa la struttura, non aprirla. Non so se mi sono spiegato. Il cedimento invece di uno solo strallo, come causa scatenante, e contestuale distacco di quello opposto (la sommità dell’antenna non poteva resistere) spiegherebbe molto meglio anche la tua dinamica, visto che avrebbe ridotto fortemente la compressione assiale. E questo sì potrebbe giustificare l’apertura e il collasso verso l’esterno dei cavalletti. Non convince del tutto neanche me, ma c’è ancora “qualcosa” che non mi quaglia… Grazie. Ciao!

      • Carmelo Russo
        19/04/2019

        Il cedimento parte della rottura nella mezzeria dell’impalcato (tra i due puntoni), Il peso dei tronchi di impalcato hanno gravato pesantemente sugli stralli fino a romperli. Affermo ciò analizzando il movimento dei tratti di impalcati vincolati agli stralli: hanno un moto roto-traslazionale differente e indipendente dal resto. Dopo cedono i puntoni del cavalletto.

  18. Giuliano Canevazzi
    14/01/2019

    è anche difficile spiegare come abbia fatto tutta la pila a collassare in pochi secondi, e tra l’altro la tua ricostruzione evidenzia una resistenza degli stralli ben superiore a quella che si è voluto far credere.
    A pensar male, l’autoarticolato con la bobina di acciaio passava di lì abitualmente, e non era difficile monitorarne gli spostamenti, ma per poter sostenere che lo sgancio della bobina da 35 tonnellate potesse aver causato il crollo, era necessario che l’autoarticolato finisse tra le macerie.. di qui la necessità di velocizzare la sequenza del crollo.
    E attaccando all’autoarticolato un GPS del tipo di quelli utilizzati dagli extracomunitari per sapere quando possono ripulirti casa, non c’era neanche lo stress di dover premere un bottone al momento giusto

    • Carmelo Russo
      15/01/2019

      Infatti il prof. Calvi nella sua conferenza ha specificato che tale crollo avrebbe potuto creare un danneggiamento localizzato

      • noris alessandro
        13/03/2019

        Il grande lavoro fatto meritava una migliore conclusione ….ma anche i miei 2 piccoli interventi del mese di dicembre aspiravano a una pur minima presa in considerazione……..comunque grazie di tutto…\.

    • noris alessandro
      13/03/2019

      Non ho capito bene cosa vuol dire con “sgancio della bobina” “attacco di un GPS” ma se è un ipotesi complottista non mi interessa affatto……..

  19. Carmelo Russo
    30/07/2019

    L’articolo potrà essere letto sulla rivista tecnica on line INGENIO

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Questa voce è stata pubblicata il 24/09/2018 da in Notizie nazionali.

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